Luisa Muraro: il nome della madre

Tra queste voci femminili che per la prima volta dalla nascita della filosofia 2500 anni fa esprimono il pensiero della donna nel dibattito filosofico, la psicoanalista e filosofa Silvia Montefoschi che ancora recentemente nel 2006 con “L’ultimo tratto di percorso del Pensiero Uno – Escursione nella filosofia del XX secolo” ripercorre al femminile gli ultimi 100 anni di storia della filosofia.
Va da sè che nella sua lettura le filosofe occupano un posto di rilievo proprio nell’innovare l’impostazione delle problematiche e del linguaggio filosofico:
“Virgina Woolf […] non si fa ripetitrice di posizioni portate avanti dal pensiero maschile, cosa questa che ha catatterizzato lungo tutta la storia le pensatrici donne, ma, per la prima volta, nella storia appunto, riconosce nel pensiero femminile un elemento nuovo nell’universo del discorso e un fattore essenziale per trasformare la logica maschile del potere e della guerra.”
(Silvia Montefoschi, “L’ultimo tratto di percorso del Pensireo Uno – Escursione nella filosofia del XX secolo”, 2006, cit. pag. 280)
E poi ancora aggiunge Montefoschi nel palesare la linea genealogica del nuovo pensiero femminile:
“[…] l’intuizione dell’intersoggettività già accennatasi in Virginia Woolf e poi esplicitatasi in Simone de Beauvoir […]”
(Silvia Montefoschi, “L’ultimo tratto di percorso del Pensireo Uno –
Escursione nella filosofia del XX secolo”, 2006, cit. pag. 289)
Dopo aver trattato una personalità di spicco del movimento femminista come è la psicoanalista lacaniana Luce Irigaray sostenitrice di una assoluta autonomia dello specifico femminile, Silvia Montefoschi, critica sugli esiti di tale impostazione sottolinea invece la positività degli sviluppi che tale impostazione avrà nel pensiero della filosofa Luisa Muraro che si incentra sul concetto di “ordine simbolico della madre”.
“Questa grande intuizione di Luisa Muraro sposta allora il tema della specificità del femminile dal piano della condizione esistenziale della donna al piano del sapere; piano sul quale è, in modo particolare, Adriana Cavarero a raccoglierlo per dare ad esso uno svolgimento organico.
[…]
Di qui Adriana Cavarero, con un vertiginoso salto logico su la spiegazione della differenza sessuale del pensiero, approda ad una grandiosa intuizione.
Cavarero scopre che costruire il linguaggio della differenza sessuale equivale a costruire una logica duale che va oltre la logica monistica che, per tutta la storia del pensiero umano di cui la filosofia è stata la codificazione, ha assimilato l’altra all’uno ovvero il femminile al maschile, misconoscendo il duale originario.”
Ma la Montefoschi pur condividendo le analisi della Cavarero ne critica le conclusioni a cui essa giunge:
“Per Cavarero pertanto non resta che cercare di andare oltre questo conflitto non ‘a colpi di randello’ ma con ‘una sospensione di fiducia, un diffidare del pensiero, nei confronti dell’intero castello concettuale della logica dell’Uno'”
Conclude allora la Montefoschi sugli esiti di un pensiero partito bene:
“Così Adriana Cavarero, pur avendola rasentata, manca la meta che già Simone de Beauvoir aveva additata: l’intersoggettività che si dà in quel duale originario , che lei stessa ha riscoperto, e resta ferma a dubitar sull’Uno anzichè svelarne la dualità.
E ciò perchè ella non vede in che consiste lo specifico pensiero femminile e quind’anche ciò che lo differenzia dal pensiero maschile.
Eppure Luisa Muraro le aveva (anche se a sua insaputa) fornito lo strumento per l’indagine.
Strumento che sta nella riscoperta dell’ordine simbolico della madre quale metafora per dire il riapropriarsi, da parte della donna, dell’atto riflessivo, considerato da sempre prerogativa soltanto dell’uomo.”
(Silvia Montefoschi, “L’ultimo tratto di percorso del Pensireo Uno –
Escursione nella filosofia del XX secolo”, 2006, cit. pag. 294)

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